Glossario Essenziale delle Perle

IL MONDO DELLE PERLE

Le perle sono un prodotto meraviglioso e assolutamente naturale, che, a differenza delle altre gemme, non ha bisogno sostanzialmente di alcun trattamento da parte dell’uomo. Le perle nascono e si sviluppano all’interno dell’ostrica, e possono essere indossate appena raccolte in tutta la loro magia e il loro splendore.

Rare e luminose, fin dai tempi più antichi sono state utilizzate come amuleto, come ornamento, come garanzia di pagamento. Indossate da nobili e sovrani, hanno dato origine a leggende tramandate nei secoli, mentre poeti e scrittori le hanno cantate nelle loro opere. William Shakespeare, nel sonetto 34, paragona le perle alle lacrime dell’amante: “Ma le lacrime che il tuo amore versa /ah, ricche sono e redentrici perle’; mentre Johann Goethe, con la grazia lieve che gli è propria, così si esprime in uno dei suoi ‘Epigrammi veneziani’: “Che tipo di donna desidero avere, mi chiedete. Ho quella giusta, vale a dire, credo, ho molto con poco. Andai sulla spiaggia a cercare conchiglie. In una trovai una piccola perla; oggi la serbo sul cuore”.
Anche se l’uomo ha imparato a coltivarle, le perle restano un prodotto raro e prezioso, ricercato in qualsiasi forma o colore, dal bianco al nero, a colorazioni ancora più sorprendenti come le tonalità “cioccolato”. In Europa solitamente si pesano in grani, corrispondenti a un quarto di carato (0,5 grammi) o direttamente in carati, mentre in Giappone l’unità di misura privilegiata è il Momme (1 Momme = 18,75 ct = 3,75 g). Ne esistono diverse varietà, codificate a livello internazionale, ciascuna con caratteristiche uniche: un gioiello con perle rappresenta sempre l’estrema sintesi tra la perfezione della natura e la creatività e il lavoro dell’uomo.

COME NASCE UNA PERLA

La perla è un prodotto di origine naturale, la cui nascita ha costituito per secoli un vero e proprio mistero che ha alimentato le leggende e i miti più fantasiosi e poetici. La “gestazione” di questa gemma meravigliosa fu chiarita solo verso la fine dell’Ottocento. La perla comincia a formarsi quando un corpo estraneo — un parassita, un granello di sabbia, un minuscolo frammento di alga o qualcosa di analogo — penetra all’interno di alcuni molluschi, che definiremo genericamente “ostriche”; tra i molluschi perliferi marini più noti: la Pinctada Margaritifera, la Pinctada Maxima, la Pinna Nobilis. Non riuscendo ad espellere il corpo estraneo, il mollusco attiva un’azione di protezione e difesa dal dolore, secernendo una sostanza, la madreperla, formata da carbonato di calcio cristallizzato e conchiolina (materia organica che funge da collante) con cui ricopre l’intruso e lo isola. Dopo pochi anni, il processo di crescita della perla può considerarsi concluso.
La perla, quindi, è costituita da sottili strati di madreperla che si sovrappongono intorno al corpo estraneo. L’insieme di questi strati è chiamato “perlagione”. Da un punto di vista chimico, non esiste alcuna differenza tra una perla naturale e una perla coltivata. La sola differenza sta nel fatto che, nel caso di perle coltivate, il corpo estraneo che dà avvio alla perlagione viene introdotto all’interno del mollusco dall’uomo: quanto al resto, il processo di crescita è assolutamente identico a quello delle perle naturali e non vi è altro tipo di intervento umano inteso a modificarlo.
Per secoli — a partire da 1500-2000 anni fa — la pesca delle perle è stata effettuata dalle “ama”, le celebri pescatrici giapponesi che si immergevano in apnea alla ricerca delle ostriche perlifere e che oggi rappresentano quasi esclusivamente un’attrazione turistica. Si tuffavano anche gli uomini, riuscendo a raggiungere, con una zavorra ai piedi, profondità considerevoli e tornando in superficie grazie all’aiuto di una fune: un lavoro reso pericoloso dai temibili incontri con le creature marine (in primis gli squali), dalla pressione dell’acqua, dalla frequenza delle immersioni. Se a ciò si aggiunge l’estrema rarità delle ostriche perlifere — rarità acuita dall’inquinamento delle acque e dall’accidentale scomparsa di interi banchi di molluschi perliferi a seguito di eventi naturali — si comprende perché l’uomo abbia tentato di trovare un adeguato metodo di coltivazione.

Nel 1893 fu il giapponese Kokichi Mikimoto, umile venditore di molluschi e gamberi, a mettere a punto un efficace metodo di coltivazione tuttora utilizzato. Attraverso una vera e propria operazione chirurgica, si introduce nel mollusco — un’ostrica di mare o di acqua dolce, sana e adulta — il corpo estraneo, solitamente un nucleo sferico di madreperla rivestito di materiale organico tolto a un’altra ostrica, per ridurre il rischio di rigetto. Si tratta di un’operazione estremamente delicata, che viene effettuata esclusivamente da personale specializzato.
Per un periodo che va da uno a tre anni circa, il mollusco viene allevato in un ambiente naturale ad alimentazione controllata, sospeso a dei galleggianti posti in acqua alla giusta salinità, protetto dalle tempeste, dalle correnti marine, dall’inquinamento, dagli sbalzi di temperatura e dagli attacchi del plancton che. in caso di proliferazione, crea la cosiddetta “marea rossa” che sottrae ossigeno all’acqua e soffoca i molluschi). Le perle d’acqua dolce vengono coltivate nei laghi e nei fiumi. Diversamente da quanto avviene per le perle di mare, all’interno dei molluschi in cui si formano non viene inserito un corpo estraneo, bensì un lembo del mantello del mollusco stesso (il mantello è una membrana carnosa che avvolge il corpo dei molluschi).
Questo procedimento di coltivazione, che potrebbe sembrare di tipo industriale, è in realtà estremamente difficoltoso: nonostante le attenzioni e le cure continue, sono moltissimi i molluschi che non sopravvivono all’intervento o alle catastrofi naturali; gran parte delle perle così ottenute, inoltre, è troppo difettosa o imperfetta per essere destinata alla gioielleria e la percentuale di quelle rispondenti a criteri di ottima qualità è molto bassa.
Oggi, la quasi totalità delle perle in commercio è coltivata. Le perle naturali appartengono per lo più a gioielli d’epoca e al filone dell’antiquariato e delle raccolte museali. La pesca delle perle non è più redditizia; inoltre, lo sfruttamento del petrolio nel Golfo Persico a partire dai primi decenni del Novecento ha sostanzialmente estinto i molluschi perliferi in quella che era una delle ultime zone al mondo ancora prolifere.

PERLE: CARATTERISTICHE E CLASSIFICAZIONE

Dopo il raccolto, le perle vengono lavate, calibrate, cioè divise per grandezza, e classificate in base alla qualità da personale qualificato. La maggior parte sarà forata e destinata alla produzione di collane. Quella della foratura è un’altra operazione delicatissima, da eseguire con la massima precisione per evitare di rovinare o rompere la perla, o di realizzare fori non perfettamente centrati.
L’esperienza è fondamentale per cogliere anche la più piccola differenza tra centinaia di gemme e per suddividerle in maniera corretta. Un lavoro di estrema precisione: si pensi, per esempio, ai fili di perle o alle paia di orecchini in cui non si devono assolutamente cogliere differenze di colore, lucentezza, forma!
In breve, una perla viene classificata in base a precisi criteri di valutazione, che sono: forma, dimensione, superficie di perlagione, lucentezza e oriente, colore.
• FORMA
La perla è formata da strati concentrici di carbonato di calcio e conchiolina: questo processo di accrescimento dà luogo a una varietà praticamente infinita di forme e non accade quasi mai di trovare una perla perfettamente sferica, nella quale cioè questa stratificazione sia avvenuta in maniera assolutamente omogenea. Ecco perché le perle tonde sono rarissime ed estremamente pregiate. Queste le forme riconosciute: sferica (variazione del diametro del 2% al massimo); semisferica (variazione del diametro tra il 2% e il 5% al massimo); ovale; a goccia; a bottone (di forma piatta); barocca o scaramazza (di forma irregolare, solitamente non molto pregiata, ma se la forma è particolarmente bizzarra può risultare adatta per creare pezzi unici, sagomati sulle sue caratteristiche); cerchiata (di qualsiasi forma, ma caratterizzata da cerchiature, visibili a occhio nudo).
• DIMENSIONE
La dimensione delle perle si misura in base al diametro, espresso in millimetri. La dimensione in sé non va considerata come criterio qualitativo: solo a parità degli altri criteri di valutazione, più una perla è grossa, più elevato sarà il suo valore commerciale. Tra l’altro, la mortalità dei molluschi in seguito all’innesto del nucleo aumenta notevolmente con l’aumentare della grandezza del nucleo stesso: le probabilità — e le possibilità — di ottenere perle di grandi dimensioni sono veramente ridotte. Il tempo di crescita di una perla va, in generale, da uno a tre anni.
• SUPERFICIE DI PERLAGIONE 
La superficie di una perla di buona qualità deve essere pulita e omogenea, il più possibile priva di difetti quali: graffi, fori, screpolature, macchie, rughe, depositi, piccoli rilievi, bozzi, escrescenze, e così via. Naturalmente, meno difetti presenta la superficie, più pregiata è la perla.
• LUCENTEZZA E ORIENTE 
Con “lucentezza” si intende la luminosità di una perla, ovvero la qualità e la quantità della luce riflessa. Essa dipende principalmente dalla struttura degli strati perliferi e rappresenta uno dei criteri fondamentali per stabilire il valore della gemma. Più intensa è la luminosità della perla, tanto più elevato sarà il suo valore. Una perla opaca non può essere migliorata neppure con colorazioni o prodotti ad hoc. ll termine “oriente” indica la lucentezza iridescente della perla, prodotta dai due fenomeni ottici dell’interferenza e della diffrazione della luce.
• COLORE 
Il colore della perla dipende sostanzialmente dal colore delle labbra del mollusco produttore: la madreperla, infatti, assume sfumature diverse a seconda della specie. Le perle coltivate presentano una gamma vastissima di tonalità. La “tavolozza” delle perle comprende i colori bianco, rosa, oro, champagne, giallo, verde, viola, blu, grigio, nero, con infinite sfumature dall’uno all’altro.

Varietà di perle

Ogni perla è unica nel suo genere. Ciò che distingue l’una dall’altra è il luogo di coltivazione e il tipo di ostrica che la produce. Queste le principali famiglie di perle, con alcune curiosità.

PERLA AKOYA

Si chiamano Akoya, che in giapponese significa “acqua salata”, le ostriche utilizzate da Kokichi Mikimoto nei suoi esperimenti per produrre perle coltivate. Le perle delle Akoya, un tempo coltivate esclusiva-mente nei mari del Sol Levante, si trovano oggi anche in Cina e in Vietnam. Famose per la loro bellezza ed eleganza, sono rare e difficili da coltivare a causa della bassa percentuale di sopravvivenza dell’ostrica. Di piccole dimensioni (dai 2 ai 10 mm) si presentano nei colori bianco, argenteo e rosato.

PERLA NERA DEI MARI DEL SUD (perla South Sea nera)

È la perla nota anche come “perla di Tahiti” o “perla nera”, definizioni piuttosto comuni ma imprecise. Questa perla, infatti, viene coltivata nell’immenso tratto di oceano che costituisce la Polinesia francese, soprattutto nell’arcipelago delle Tuamotu, e presenta, in realtà, una vastissima gamma di colori: dall’antracite al nero, dal rosa al viola, dal blu profondo al verde pavone. La perla South Sea nera cresce nell’ostrica Pinctada Margaritifera dalle labbra nere, il cui interno splende di riflessi iridescenti che donano alla perla i colori tipici di questa specie. Le dimensioni variano dagli 8 ai 12 mm, che possono eccezionalmente arrivare a 15 mm.

PERLA BIANCA DEI MARI DEL SUD (perla South Sea bianca)

Cresce nei mari australiani e del Sud-est asiatico (Indonesia, Myanmar, Filippine) e viene prodotta dalla grande ostrica Pinctada Maxima dalle labbra bianche o gialle. La perla South Sea, rispetto ad altri tipi di perle, ha dimensioni importanti (il diametro può variare dai 9 ai 17 mm, eccezionalmente anche oltre). Il colore bianco è particolarmente lucente grazie allo spesso e uniforme strato di madreperla, ma la perla di questa specie si presenta anche con sfumature che spaziano dall’argentato al grigio e al verde oppure, nel caso dell’ostrica dalle labbra gialle, con nuance giallo-dorate (perla gold).

PERLA D'ACQUA DOLCE (perla freshwater)

Originariamente coltivata nel lago giapponese Biwa, vicino a Kyoto, poi abbandonato a causa dell’inquinamento delle acque, oggi la perla d’acqua dolce proviene per la maggior parte dalla Cina e dal lago Kasumigaura, in Giappone. Coltivata in laghi e fiumi, ha dimensioni che variano dai 2 ai 12 mm e colori dal bianco al rosa fino al grigio. È uno perla senza nucleo, che cresce in un mollusco d’acqua dolce nel quale viene inserito un lembo del suo stesso mantello. Questo pezzetto di tessuto organico si deteriora col tempo, lasciando solo la parte in madreperla.

PERLA KESHI

“Keshi tsubu” è un termine giapponese che significa “semi di papavero”: si tratta, infatti, di una perla relativamente piccola, di forma leggermente schiacciata e irregolare. Cresce spontaneamente nell’ostrica coltivata, grazie all’accidentale ingresso di pezzi di conchiglia o granelli di sabbia, oppure dall’espulsione del nucleo artificiale prima che il processo di perlagione sia completato. Le dimensioni della Keshi dipendono anche dall’ostrica che la ospita: nel caso della Pinctada Maxima e della Pinctada Margaritifera, può assumere un diametro che dai 4-8 mm arriva eccezionalmente ai 10 mm. Essendo un prodotto completamente naturale, la perla Keshi ha molti estimatori e può quindi raggiungere prezzi piuttosto elevati.

PERLA MABE

Conosciuta anche con il nome di perla blister, la perla Mabe si ottiene applicando un nucleo di forma generalmente semisferica alla parete interna della conchiglia: l’ostrica lo riveste di un sottile strato di madreperla, dando vita a una sorta di mezza perla o cabochon. Una volta staccata dalla conchiglia, la parte piatta della perla viene rivestita di madreperla. Per ottenere forme diverse si utilizzano nuclei a goccia, a croce o altro.

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Da “Racconti Preziosi” editi da Antica Orologeria Candido Operti.

 

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