Il vassoio d’argento

L’argento è sempre stato, insieme all’oro, simbolo di ricchezza e di potere e, ancor più dell’oro, si è prestato ad essere “esibito” sotto forma di oggetti d’uso, per mettere in mostra il proprio benessere e la propria condizione sociale.

 

L’occasione più frequente per fare sfoggio della propria ricchezza era quella legata ai ricevimenti, alle feste, alle grandi occasioni, e in questo ambito gli argentieri di ogni tempo hanno espresso tutta la loro arte e maestria: dagli apparati da tavola e di decoro degli ambienti, ai mobili in argento massiccio – come quelli realizzati in Francia durante il regno di Luigi XIV, detto appunto il Re Sole – queste fastose creazioni servivano soprattutto a dimostrare ai potenti del tempo il livello di agiatezza di cui si godeva. È anche vero, però, che spesso la realizzazione di un manufatto d’argento o d’oro non era solo il frutto di un capriccio: a una reale necessità doveva comunque corrispondere sempre una qualità molto elevata. I metalli preziosi, inoltre, erano un investimento sicuro, poiché costituivano una riserva a cui attingere nei momenti di bisogno (il che ha portato, ahimé, alla distruzione di veri capolavori!).
Durante il periodo Barocco l’ostentazione era spinta sino all’eccesso, tanto che l’esecuzione di alcuni pezzi richiedeva tempi molto lunghi e il superamento di difficoltà tecniche non indifferenti. In questa gara di esibizione, anche il vassoio ha giocato un ruolo rilevante, in particolare durante il XVIII secolo e per tutto il XIX secolo, e ancora oggi è raro che nelle nostre case manchi un vassoio d’argento, seppure meno fastoso e importante di quelli antichi.
Nelle dimore dei signori di un tempo, la distanza tra le cucine e la sala ove si svolgevano pranzi e ricevimenti era considerevole, l’uso del vassoio, quindi, diventava indispensabile per il servizio in tavola. Il vassoio utilizzato a questo scopo era di dimensioni piuttosto grandi e, per poterlo trasportare con il suo carico di piatti o vivande, ci volevano due servitori. Perciò era necessario dotarlo di manici e di una lastra di notevole spessore e robustezza. Oltre alle riunioni conviviali intorno a una tavola imbandita, non dobbiamo poi dimenticare i ricevimenti in piedi, usanza entrata in vigore nel XIX secolo, in cui i servitori passavano con il vassoio tra gli ospiti distribuendo bicchieri, tazzine da caffè, dolcetti, e così via, come del resto avviene tuttora.
Come tutte le argenterie di un tempo, anche il vassoio poteva essere contraddistinto da uno stemma, un simbolo nobiliare, una dedica… a sottolinearne l’appartenenza. Inoltre, trattandosi di un bene, spesso recava inciso il suo numero di registrazione negli inventari del cosiddetto “guardaroba”. È importante mettere in evidenza che l’esecuzione manuale di un vassoio d’argento è una tra le lavorazioni più delicate e che richiedono maggiore maestria.
Un tempo, per poter essere ammesso alla sua corporazione e ottenere la “patente” per esercitare l’arte, l’aspirante argentiere doveva mostrare agli esaminatori il cosiddetto “capo d’opera”, che altro non era che un oggetto di sua esecuzione a dimostrazione della maturità raggiunta. Se si superava l’esame “vassoio”, essendo questo uno dei pezzi più difficili da realizzare, ci si poteva considerare a buon diritto un argentiere esperto. Il vassoio era prodotto completamente a mano, senza l’aiuto di torni o stampi. Il fondo veniva livellato solo con l’utilizzo di un apposito martello, che il maestro argentiere manovrava dando dei colpi cadenzati sulla lastra, appoggiata su un piano o inclinata. Per riuscire ad ottenere un manufatto perfetto ed evitare che il fondo risultasse imbarcato e si muovesse, tale lavoro richiedeva un’abilità eccezionale. Gli argentieri che si specializzavano in questo tipo di attività venivano chiamati “tiratori a martello“.
Per ciò che riguarda le caratteristiche estetiche, solitamente i vassoi erano di forma ovale o rettangolare e, salvo rare eccezioni, erano forniti di manici. A seconda delle mode, avevano la falda o il bordo riccamente decorati a sbalzo e cesello, come nella prima metà del Settecento, o si distinguevano per un design semplice e lineare, come nel periodo Neoclassico, in cui prese piede anche la moda del vassoio a “ringhiera”, con fascia traforata o piena.
Tipici i vassoi a ringhiera in uso a Venezia, in alternativa a quelli con il bordo decorato con il classico motivo “S. Marco”, che imita un cordoncino. A proposito di decori, nel periodo Impero era molto in uso il bordo con motivo a foglioline d’acanto. La maestria degli argentieri ebbe modo di esprimersi anche nei manici che, secondo le fantasie del momento, presero le forme più incredibili e bizzarre: in periodo napoleonico, ad esempio, raffiguravano sirene, levrieri o personaggi mitologici, mentre nel Barocco erano ridondanti di foglie o figure grottesche.
Per ragioni tecniche, soprattutto nel XVIII secolo, e in particolare a Venezia, si preferiva fissare il bordo e i manici con dei ribattini (chiodi con doppia testa) invece di saldarli, evitando così che l’eccessivo calore deformasse il fondo del vassoio. Per lo stesso motivo, il fondo dei vassoi a ringhiera veniva fissato a pressione all’interno della fascia. Non bisogna poi dimenticare che le forme e gli stili usati, oltre ad essere l’espressione di un particolare momento creativo, risentivano delle vicissitudini politiche ed economiche. Un classico esempio è dato dalla produzione inglese, che durante il periodo napoleonico si contrappose con una propria linea alla produzione francese dilagante in Europa.
Tornando a parlare dell’uso dei vassoi, non possiamo non citarne uno molto particolare, oggi del tutto tramontato. Nei secoli scorsi, presso i ceti sociali elevati vi era la consuetudine d’indossare i guanti, simbolo di raffinatezza ed eleganza. Quando un nobile si recava in visita o a un ricevimento, all’ingresso del palazzo trovava sempre un valletto che reggeva un vassoio d’argento su cui egli depositava i guanti, per poi riprenderli all’uscita. Era un gesto di cortesia nei confronti del padrone di casa, ma anche una questione di sicurezza poiché evitava che l’indumento potesse celare un pugnale o un’altra arma offensiva. Il vassoio che aveva questa funzione era chiamato guantiera: non era necessario fosse di grandi dimensioni, ma certamente doveva essere bello e d’effetto. A questo scopo poteva essere usato anche un “piatto da parata”, ovvero uno di quei piatti riccamente ornati che venivano esposti nelle sale dei banchetti per ostentare la ricchezza della famiglia.
I cambiamenti avvenuti nella nostra società hanno inevitabilmente mutato abitudini e comportamenti, ma restano ancora, se così si può dire, “tracce” delle antiche usanze. La presenza, all’ingresso della propria abitazione, di un vassoietto per appoggiare la posta o altro è un retaggio di quei tempi; offrire qualcosa al proprio ospite in visita usando un vassoio d’argento riveste ancora un certo significato di “riguardo”… che tuttora piace e fa piacere.

Piatto da parata cesellato e inciso con decori misti e vedute di paesaggi. Milano, prima metà del Settecento, bollo della bottega orafa “all’insegna del carciofo”. Un piatto di questo tipo fungeva spesso da “guantiera”, cioè quel vassoio su cui i nobili signori lasciavano i loro guanti prima di entrare nelle sale del ricevimento. Collezione Dario Ghio, Monte Carlo.

Preludio al Liberty, questo vassoio “a ringhiera” risale alla seconda metà dell’Ottocento. È stato realizzato a Vienna e si distingue per i deliziosi e originalissimi manici a forma di foglia, con due piccole ranocchie. Collezione privata.

Eccezionale vassoio d’argento, con punzoni di Torino, della prima metà dell’Ottocento. Misura 80×47 cm, pesa circa 5 chilogrammi ed è stato realizzato dal celebre e valente argentiere Carlo Balbino. Al centro reca lo stemma di Casa Savoia, cosa che lo rende ancor più raro e prezioso. Elegantissimi i manici e la bordatura, abilmente decorati a sbalzo e cesello con motivi naturalistici. Collezione Dario Ghio, Monte Carlo.

Caratteristico vassoio settecentesco con sagoma a volute. Di bottega romana, è dotato di un fondo di notevole peso e spessore per poter sostenere ciò che doveva essere trasportato. Collezione privata.

Vassoio a ringhiera con motivo a palmette lavorato a traforo. Milano, 1820 circa. Bottega di Tommaso Panizza. Collezione privata.

Articolo a cura di Roberto Dabbene

Testo e foto sono tratti dal libro dell’Antica Orologeria Candido Operti

Racconti Preziosi 2008-2009